domenica 20 ottobre 2013

La verità sulle guide enogastronomiche


Le recensioni sono davvero super partes? Gli "ispettori" in incognito delle guide come svolgono il loro lavoro? Fra leggende di travestimenti improbabili, sogni di cene luculliane aggratis e la (dura) realtà ecco il racconto di Davide Oltolini. Critico giornalista enogastronomico ed esperto in analisi sensoriale che dal 2006 recensisce insieme ad altri illustri colleghi i migliori ristoranti d'Italia per le  Guida del Gambero Rosso – la Michelin nostrana, quella che al posto delle stelle assegna le forchette.
Appena pubblicata l’edizione 2014, quest'anno il massimo dei voti è andato a Bottura, Vissani, Beck e Canavacciuolo, solo due forchette a Cracco e Scabin. E via alle polemiche sul chi scende e chi sale, sugli illustri esclusi e sui locali penalizzati. Al centro del dibattito la fatidica domanda: come si giudica un ristorante?
Partiamo dalla cosa più importante: cosa si mangia per fare una recensione? Che cosa ordini?
Scelgo sempre il cavallo di battaglia dello chef o un piatto legato al territorio, o una sua rivisitazione. Valuto anche il menù degustazione, ma prima di ordinare chiedo sempre indicazioni al maître o al cameriere. 
Ti fai consigliare perché la cena è gratis?

Chiedo un consiglio perché è un modo per valutare il servizio, e poi non è detto che lo segua. Per la Guida del Gambero Rosso, paghiamo sempre le cene. Non mangiamo gratis.

A parte il cibo, che cosa guardi?
Una buona presentazione, perché meglio predispone all’assaggio, anche se va “parametrata” al tipo di locale. Poi il servizio, la carta dei vini, l’ambiente, l’atmosfera ed eventuali particolarità del locale come una bella carta delle birre o un bel carrello dei formaggi.

Non basta mangiare e dire "a me piace" e non ci si può basare sui propri gusti personali…
Bisogna prescindere dai gusti personali, e il giudizio sui piatti deve essere il più possibile oggettivo. Quello che è interessante in un piatto è l’equilibrio degli ingredienti, la tecnica di esecuzione ma soprattutto la piacevolezza, che è l’aspetto più importante.

Come si paragona un ristorante tradizionale ed uno di ricerca molecolare? Uno regionale e uno etnico?
Come nell’arte un Van Gogh è differente da un Mantegna, ma in entrambi si riconosce la qualità. Sono stili diversi, ma non uno è superiore all’altro. Su Gambero Rosso comunque ci sono due classifiche diverse, per i ristoranti e per le trattorie, e già questo divide in due grandi generi l’offerta.

Secondo Tripadvisor alcune trattorie di quartiere sarebbero migliori di una cena da Gualtiero Marchesi. Perché questo avviene? 
Non mi sembra il caso di estremizzare, ma mi sembra chiaro che Marchesi sia uno dei maestri della nostra cucina, creatore di piatti indiscutibilmente grandi. Se poi vogliamo dire che anche in locali non conosciutissimi esistono sorprese piacevoli e di qualità, anche questo è vero.
Lo standard dei grandi ristoranti però è diverso, dietro a certi piatti c’è una grande tecnica, uno studio continuo del piatto.  Non sempre si è in grado di riconoscere la qualità però, il palato  è diverso da persona a persona.  Infine dipende se si vuole spendere grandi cifre per i dettagli, oltre che se li si riesce ad apprezzare.

Come a scuola, viene anche premiata la creatività e la voglia di miglioramento?
Certamente viene premiata la continua ricerca e l’impegno dello chef o del ristoratore, la tensione verso il miglioramento – sempre che questo non vada mai a pregiudicare la qualità. L’estremo fine a se stesso non è premiante.

Ti è capitato di recensire Bottura, il migliore anche quest’anno ... giudizio meritato?
Per essere al top in Italia si deve eccellere in ogni aspetto, e lui eccelle. Il giudizio è meritato.

La gente immagina che questo sia un lavoro fantastico: quale è il dietro le quinte di questo lavoro? 
Si mangia soli, anche quando non si ha voglia, si macinano chilometri anche con la nebbia fitta. C’è sempre il risvolto della medaglia.

In questo articolo abbiamo pubblicato la tua foto ma per essere imparziali non ci si dovrebbe non far riconoscere? 
Io lavoro anche in Tv, ho una rubrica su Rai1 ad Uno Mattina in famiglia e comunque il nome di chi ha collaborato è scritto nelle guide, e con i social media è oramai facilissimo trovare le foto di tutti. I volti dei responsabili delle migliori guide sono comunque conosciuti da tutti nel settore, o lo erano fino a poco tempo fa. In ogni caso quando entro in un locale se sono lì per una recensione per una guida non lo dichiarò mai. Il tema comunque non è questo, perché anche se ti riconoscono, quello che conta è il valore del piatto. E in ogni caso se poi il bagno è sporco...

Come si diventa un ispettore da guida? E cosa consigli per chi vuole intraprendere questa attività?
Le strade sono molte. Io ci sono arrivato dopo anni di giornalismo enogastronomico, dopo innumerevoli eventi enogastronomici anche in anni in cui l’offerta era relativamente ridotta e per assaggiare certi piatti e prodotti era necessario spostarsi di molto. Quando ho fatto uno dei miei primi corsi di degustazione agli inizi degli anni Novanta mi facevo oltre 200km fra andata e ritorno due volte alla settimana. Ci vuole sicuramente passione.

Ti faccio la classica domanda che fanno tutti a chi è del mestiere: una dritta per “il posto che ancora nessuno conosce"?
Un classico! Ma mi spiace deludere. Se il ristorante mi piace, e lo consiglierei, fa parte di quelli che propongo per entrare nella Guida.

E un posto “dove si mangia bene ma si spende poco”?
Per mangiare bene e spendere il giusto ci sono i ristoranti  segnalati nella guida per l’ottimo rapporto qualità/prezzo. Mangiare bene e non spendere niente, invece è impossibile.

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